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1971: l’anno in cui il rock entrò in paradiso

1 Giugno 2020 1971: l’anno in cui il rock entrò in paradiso

Led Zeppelin, Rolling Stones, David Bowie e Janis Joplin: cinquant’anni fa veniva issata una scala per il paradiso del rock. Ripercorriamola gradino per gradino.

UNA DATA DA RICORDARE
Se vi siete svegliati con una strana voglia di farvi crescere la chioma, se state pensando di riprendere quella vecchia chitarra lasciata in garage a prendere polvere, se avete barattato la solita frequenza radio per una webradio che trasmette solo rock anni ’70, non preoccupatevi: oggi non è un giorno qualunque.

L’8 novembre di cinquant’anni fa veniva infatti regalato al mondo Led Zeppelin IV, il capolavoro del duo Page & Plant che conteneva, tra le altre, l’immortale “Stairway To Heaven” (a ben vedere, la più nota canzone Plant-based della storia della musica). La suite, ancora oggi stabilmente in testa a ogni classifica di gradimento degli inglesi, avrebbe dischiuso ai suoi ignari ascoltatori un mondo fiabesco popolato da foreste, pifferai e regine di maggio: una vera e propria “scala per il paradiso”, ma musicale.

UN ANNO IRRIPETIBILE
In effetti i Led Zeppelin sono in ottima compagnia, visto che è l’intero 1971 ad essere definito dalla critica l’anno d’oro del rock: ed è proprio dai capolavori di quell’anno – immortalato tra l’altro in uno splendido documentario reperibile su AppleTV – che vogliamo partire per creare una compilation ricca di benessere musicale (e utile, se avete un servizio di streaming a portata di smartphone, a farvi affrontare con più carica l’ennesima ardua settimana di lavoro).

Iniziamo con “I Feel The Earth Move”, che apriva la pietra miliare “Tapestry” di Carole King: l’inconfondibile piano della cantautrice newyorkese disegna un brano soft rock che farà cantare un’intera generazione. E generazionale è anche la struggente ballad “You’ve Got A Friend”, scritta dal compagno James Taylor, che trasportò entrambi nell’olimpo del pop internazionale. Per non parlare di un’altra voce femminile, quella di Carly Simon, che tra il 1971 e il 1972 inanellò due splendide melodie come “Anticipation” e “You’re So Vain”.

Avete ragione, ci stiamo già allontanando dal rock: ci facciamo perdonare recuperando “Changes”, che il Duca Bianco David Bowie presentò a Glastonsbury nell’estate di quell’anno per poi inciderla a dicembre nel suo “Hunky Dory”: la scommessa, con un brano del genere, è riuscire a non cantarla a squarciagola.

UN COMPENDIO DI CAPOLAVORI
Sempre del 1971, ma decisamente più spostata a favore delle chitarre, è “Bird Of Prey”, inno degli Uriah Heep che costituisce uno dei mattoncini su cui band di stampo classic metal come Rainbow e Iron Maiden avrebbero prosperato per anni. E saranno proprio gli Iron Maiden a proporre, molti anni dopo, una cover di “Cross-Eyed Mary”, capolavoro progressive che i Jethro Tull di Ian Anderson ceselleranno in quell’anno grazie a mirabili intarsi di flauto, chitarre e tastiere.

Nemmeno i Rolling Stones si fecero attendere: “Brown Sugar”, con il suo testo pieno di espliciti riferimenti sessuali, proprio nel 1971 ribadì l’assoluta centralità del quartetto statunitense sul grande palco del rock’n’roll. A Jagger e compagni risposero qualche mese dopo gli Who, pronti a mettere sottochiave la propria seggiola nell’Olimpo della musica del ‘900 grazie a “Baba O’ Riley”, che vanta una tra le introduzioni di synth più citate ed emulate di sempre. E non fu da meno la regina del rock blues Janis Joplin, che nel suo “Pearl” esplorò al massimo la sua inimitabile vocalità con brani quali “Me And Bobby McGee”, “Mercedes Benz” e soprattutto “Cry Baby”. Ne volete ancora? Se ci avete preso così tanto gusto da non riuscire a smettere, aggiungiamo – sempre del 1971, ça va sans dire, i seminali album “Man In Black” di Johnny Cash, “L.A. Woman” dei Doors e “The Cry Of Love”, che raccoglieva le ultime infuocate registrazioni di Jimi Hendrix prima della improvvisa scomparsa avvenuta l’anno precedente.

Se è vero che il rock è nato ben prima dei capolavori che abbiamo elencato, insomma, di certo cinquant’anni fa tutte le sue migliori risorse si unirono per sublimarlo in dodici mesi da incorniciare. E per dare a noi una playlist immortale, che sa donare autentico benessere a qualsiasi giornata.

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